La fortificazione dell'antica "chiusa". L'area del castello di Serravalle, di Santa Augusta e S. Antonio

L'area del castello di Serravalle, di Santa Augusta e S. Antonio

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LE MURA DELL’ANTICO BORGO di Antonio Salvador

 
La stretta di Serravalle, anticamente denominata "Chiusa" a causa delle sue caratteristiche morfologiche naturali, ha dato luogo ad un sistema difensivo quantomeno originale. Tali caratteristiche sono mirabilmente sintetizzate nello schizzo serravalle ora vittorio venetoannotato nel taccuino di viaggio di Marin Sanudo, cronista arrivato da Venezia nel 1483, ove Serravalle è rappresentata come uno sbarramento di mura merlate, che salgono dal fondovalle alle cime delle colline coronate da un castello per parte e rinforzate nel mezzo della rocca, svettante su un enorme affioramento roccioso.
Era una città murata dalla struttura esemplare, che racchiudeva in sè risorse agricole, terrazzamenti coltivati ad orto, vigneto ed uliveto, ed energetiche, i salti d'acqua del fiume Meschio con le relative fabbriche d'armi bianche, fucine, segherie, filature e mulini.

Oggi, arrivando dalla statale Alemagna o dalla Autostrada Venezia Vittorio Veneto, si coglie ancora immediata la natura aspra dei luoghi, con i ripidi fianchi delle colline che convergono incombenti sulla stretta, mentre dalla vegetazione, che ormai ricopre quasi totalmente le pendici, riemergono ancora tratti di mura intervallati da quanto rimane delle possenti torri, ed in alto, al sorgere del sole, la chiesa ed il campanile di S. Augusta.

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Il Monte Marcantone dalle pendici del Monte Cucco. Si notano il Santuario di S. Augusta, i ruderi della Turris Nigra e le mura Beregarie (clicca sulla foto)
Provenendo da nord, attraverso le case del Borgo di S. Giovanni, non si può fare a meno di notare, al centro della valle, l'imponente sbarramento costituito dal cosiddetto "castrum" caminese. Il sistema difensivo si articola in tre distinti complessi murati, in qualche modo autosufficienti: l'area del Castello o Castrum, l'area di S. Augusta o del Monte Marcantone e l'area di S. Antonio o del Monte Cucco.

Il complesso architettonico del castello viene indicato erroneamente dalla tradizione popolare e storiografica come probabile insediamento fortificato di età tardo repubblicana - cesariana o augustea, travisando il significato medioevale del termine "castrum".

I ritrovamenti nell' area in oggetto di monete di Marco Aurelio (II°sec. d.C.) e di un "dolium" (III sec. d.C.), sono però insufficienti a dimostrare la presenza di strutture di età romana se non fortificate almeno civili e comunque la logica romana nella colonizzazione della Cisalpina e nell' assoggettamento dei popoli alpini privilegiava una tattica d'attacco in continuo movimento lungo le strade appena tracciate sull' asse padano trasversale (Verona, Vicenza, Oderzo, Padova, Altino, Concordia, Aquileia) approntando al massimo campi trincerati provvisori in località di aperta pianura, quindi con ampie possibilità di manovra in caso di scontro.

Inoltre l'individuazione delle linee di penetrazione in verticale che privilegiano in particolare la Valle dell' Adige con caposaldo a Trenta e le valli delle Alpi Giulie, più ampie e meno insidiose di quelle del Piave, non contribuiscono certo a giustificare un qualche apprestamento difensivo con strutture edilizie stabili nella stretta dell' attuale Serravalle.

Pertanto, con le conoscenze in nostro possesso, il complesso architettonico del "castrum" (che appare per la prima volta in un documento del 1175) non è tutt' oggi databile con sufficiente approssimazione nelle sue fasi principali; si può soltanto affermare che è stato sicuramente, oggetto di rifacimenti veneziani (secc. XIV – XVI) e di ampi restauri nei primi decenni del '900 e negli anni Cinquanta.

Una forte tradizione devozionale, che vuole Santa Augusta figlia e martire cristiana del pagano Manducco (metà del VI sec. d.C.), padre di Totila duca di Treviso o, in alternativa, di Matrucco, comandante Goto al seguito di Alarico (V sec. d.C.), ha portato ad attribuire al condottiero barbaro l'erezione di una fortificazione sul versante ovest del monte Marcantone, culminante nella cosiddetta "TURRIS NIGRA".
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Turris Nigra. Pur a stato di rudere, posta su un affranto roccioso, incute ancora un sommesso timore.
Nel caso di S. Augusta vi potrebbe essere anche un' altra ipotesi legata ad un precedente insediamento tardo romano. Infatti dopo le avvisaglie di rottura dellimes renano - danubiano, l'Impero aveva istituito dapprima la "Praetentura Italiae et Alpium", rafforzata in seguito dal "Vallum Alpium ]uliarum" , presidiando quindi l'arco delle Alpi Retiche e Giulie. Successivamente, nelle concitate lotte tra imperatori, gli stessi o i loro generali, come ad esempio Gallieno o Arbogaste, si preoccuparono di rinforzare un ipotetico limes interno restaurando ed ampliando le piazzeforti esistenti, Verona ed Aquileia, e creando, non si sa dove, una rete di presidi locali.

Il cronista Prospero definisce (siamo ormai agli inizi del V2 sec. d.C.) tali fortificazioni come "chiusura Alpium", le chiuse delle Alpi. È proprio con la definizione del sistema fortificato costituito dalla chiusa che si giudica possibile un' apprestamento difensivo della stretta valliva tra il Monte Cucco e il Monte Marcantone e non solo di essa, ma anche dei due monti sovrastanti che, se non presidiati, ne avrebbero permesso l'aggiramento; in questa logica è necessario e funzionale, all' eventuale sbarramento di fondo valle, il presidio fortificato del passo di S. Augusta, poi riutilizzato dagli invasori Goti. Questa ipotesi, sebbene credibile, attende delle risposte archeologiche da uno scavo finalizzato, dato che le notizie sui ritrovamenti già effettuati non permettono di confutarla.

Nella malta utilizzata per il restauro del tratto di mura che collegava la "Turris Nigra" con l'area del Santuario sono stati rinvenuti frammenti di discrete dimensioni di ceramica basso medioevale; potrebbe trattarsi dell'intervento disposto dai Veneziani nel 1490, come citato in alcuni documenti dell'epoca, o dopo il 1509 anno in cui avvenne 1'ultima battaglia con gli Imperiali presso la rocca di S. Augusta.

Gli stessi merli rettangolari nel tratto in oggetto risultano realizzati posteriormente in breccia irregolare su una muratura esistente ad una altezza eccessivamente ridotta dalla quota di campagna. La "turris nigra", è sagomata "a Puntone" (pentagono irregolare), ed è tipo logicamente di ispirazione scaligero-carrarese.

L'utilizzo di tale modello planimetrico non è attribuibile agli ultimi Da Camino, nè ai Carraresi, che non sono mai riusciti ad imporsi stabilmente a Serravalle, ma quasi certamente ai Veneziani, che dotati di maggior esperienza per quanto riguarda l'uso e i danni provocati dalle non più neonate artiglierie, hanno adottato questa forma precorritrice del bastione a freccia, Più adatta a ridurre se non a vanificare gli effetti dei colpi di artiglieria.

Quanto descritto però si scontra con ciò che la tradizione popolare tramanda riguardo l'altezza del manufatto, che si vorrebbe fosse stata capace di raggiungere i 40 mt.

Su di una protuberanza isolata, a quota 371, separata da una evidente sella dal Monte Cucco, si rinvengono i ruderi di una postazione fortificata (forse il "Castro Montiselli " citato nel 1347) dotata di antemurale, di una torre e di un pozzo per la raccolta dell'acqua piovana. Da questo piccolo rilievo si dipartono tre costoloni a tratti di viva roccia dei quali i due rivolti Più a nord raggiungono quasi l'abitato di Serravalle, mentre l'altro termina su di una fascia a forte pendenza nella zona dei Piai. Sui due più esterni si saldano le cinte murarie urbane che fanno capo rispettivamente alla porta nord di S. Giovanni e alla porta sud di S. Lorenzo: su quello interno, disturbato a valle dall' apertura di una cava, si trovano i ruderi della chiesetta di S. Antonio, citata nel 1480 e fino a qualche decennio fa ancora integra, la cui abside è ritenuta da alcuni una torre legata ad una primitiva cinta urbana, sul cui tracciato difficilmente documentabile e verificabile si sono fatte numerose ipotesi, una delle quali è quella presentata nella planimetria. La forte pendenza del terreno sul versante occidentale ha caratterizzato non poco il tipo di recinto murario che, oltre ad essere circolare, a sinistra la rocca, già, di per sè di difficile accesso, era stato addirittura dotato di ampio fossato e antemurale. Le torri scudate erano poste ad una distanza di circa 35 ~ 40 mt. e chiudevano il loro circuito su uno spuntone roccioso sul quale resiste ancora un grosso muraglione in pietra. Ruderi ricoperti da vegetazione riconducono al sito ove si trovava il castello.
Sul versante nord resistono ancora tre torri, due delle quali sono state reintegrate nel tessuto urbano, e seguendo la via "dei Con" chiudono il recinto a ridosso di un'insuperabile parete rocciosa, naturale proseguio della cinta murata.

Le dimensioni risultano essere inferiori a quelle del versante sud~ovest, e la loro distanza non supera i 20~35 mt. Anche queste erano del tipo scudato, cioè aperte all'interno della cortina, in modo tale che, se fossero cadute in mano al nemico, non avrebbero consentito l'asserragliamento degli attaccanti.

Le mura per il tratto ricostituito sono spesse 80 cm. (ad indicare una soluzione rapida e di fortuna), mentre per gli altri tratti variano da un minimo di 100 cm. ad un massimo di 130 cm.

Il tratto terminale verso le ripide scarpate del Montesel è realizzato in modo curioso: per la forte pendenza le mura sono costruite a blocchi disposti a scalare di lunghezza pari a due merli e sul ripiano tra il parapetto esterno ed interno si notano probabili alloggiamenti di travi utilizzate come supporti per il tavolato del cammino di ronda pensile e come scalini per raggiungere i vari livelli.

Recentemente sono state fatte nuove scoperte interessanti che per portare a conclusioni più precise sull'imponente sistema difensivo di Serravalle, dovranno attendere uno studio organico e sistematico. Intanto c'è da augurarsi che questo grande potenziale sia archeologico che artistico venga prontamente valorizzato, con interventi basati su criteri di restauro e non su libere interpretazioni di ricostruzione o di reintegrazione come è stato fatto recentemente per le cosidette "Mura Berengarie" sul versante sud di S. Augusta